Depressione sorridente: sintomi e come curarla con la psicoterapia

Che cos’è la depressione sorridente?

Depressione sorridente” sembra un ossimoro, un accostamento di parole che esprimono concetti contrari tra loro. Ad oggi non è riconosciuta dai manuali diagnostici (DSM 5) come condizione patologica, al contrario della Depressione Maggiore e altri disturbi dell’umore per i quali vi è ampia letteratura e parametri diagnostici.

Nella classificazione ufficiale una persona con disturbo depressivo non sorride, ha un tono dell’umore basso, perde interesse nel fare le cose, limita le proprie relazioni sociali, ha una visione negativa di sé e del mondo circostante, può avere una costante perdita dell’appetito o un aumento dello stesso, in quadro di scarsa energia generale.

“Ciò che può rendere patologica questa situazione non è soltanto la presenza di uno stato d’animo depressivo, ma il fatto che questo vada a delinearsi con particolari qualità, intensità e durata nel tempo: la depressione diventa malattia quando finisce per occupare in modo pervasivo la vita psichica dell’individuo determinando importanti limitazioni, impedimenti o significative alterazioni a livello relazionale, lavorativo e sociale” (Stefano Tugnoli, 2014).

Più difficile identificare una depressione mascherata da un sorriso e una vita sociale, lavorativa apparentemente normale.

Come si manifesta la depressione sorridente?

La depressione sorridente è una diagnosi di depressione atipica per cui la persona mostra di sé un’immagine pubblica in contrasto con il proprio stato emotivo interiore. È una condizione resa ancora più difficile da individuare in quanto può essere mascherata dalla persona stessa che la vive. Chi ne soffre può condurre una vita frenetica, piena di impegni, appuntamenti, con poco tempo libero, per nascondere a sé stessi e agli altri il proprio malessere, e non soffermarsi sul proprio dolore.

È una maschera nei confronti del mondo esterno che nasconde pensieri profondamente negativi su di sé, sensazioni di fragilità, tristezza, sfiducia, ed assenza di speranza e prospettive future. È una dimensione di malessere estremamente personale che la persona vive tra sé e sé.

Pur non rispondendo ai parametri classici della diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore o altro disturbo dell’umore, non deve essere sottovalutata in quanto rimanendo così nascosta può anche esporre ad un maggiore rischio suicidario perché le stesse energie con le quali la persona conduce una vita attiva e dinamica, potrebbero essere impiegate per concretizzare intenti suicidari.

Perché la depressione è sorridente?

Nella poca letteratura sul tema sembra che le persone che soffrono di depressione sorridente non manifestino il proprio malessere per alcune delle seguenti motivazioni:

  • - provano forti sensi di colpa per il fatto di soffrire o far soffrire senza motivi apparenti;
  • - minimizzano il proprio dolore come qualcosa che non necessiti di un aiuto;
  • - hanno paura di essere considerati deboli o “pazzi”;
  • - ritengono che non ci possano essere soluzioni e che nessuno potrà aiutarli;
  • - si vergognano di ricorrere all’aiuto di uno specialista.

Inoltre, ci possono essere influenze culturali rispetto all’espressione del proprio malessere che vincolano le persone a doversi mascherare per non essere considerate fragili e vulnerabili. Anche i social possono condizionare ed aver condizionato l’immaginario collettivo verso la continua ricerca ed esternazione di una “vita perfetta”, performante, basata sull’apparenza che non lasci spazio alle parti fragili ed alle imperfezioni.

Come guarire dalla depressione sorridente?

La depressione sorridente non può essere uno “stile di vita” da mantenere nonostante consenta di vivere una vita apparentemente normale. Pur non essendo una diagnosi definita dai manuali è una condizione di malessere e sintomatologia che deve essere presa in considerazione, affrontata e trattata in modo professionale. La psicoterapia psicoanalitica offre un percorso di trattamento e cura dei sintomi tramite l’analisi delle dinamiche inconsce, dei meccanismi difensivi, esperienze passate e traumi che sottostanno al malessere.

Concedersi l’opportunità di conoscere i motivi della propria sofferenza, è un primo passo verso la cura. Ciò che noi proviamo ha sempre una motivazione, e offrirsi l’opportunità di comprenderla, è un’occasione da cogliere.

La stanza di analisi può rievocare la propria condizione di solitudine nella quale dare voce alle proprie “confidenze più intime” con il supporto e la presenza del terapeuta, uscendo così dalla condizione di solitudine. Il terapeuta con atteggiamento empatico comprenderà il disagio senza giudicarlo e minimizzarlo affinché possa essere espresso, aiutando la persona ad entrare in contatto con il proprio inconscio e conoscere il senso sotteso al proprio vivere “depressi ma con il sorriso”.

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Dr.ssa Rachele Piperno - Centro Clinico SPP Milano età adulta