Sindrome borderline: la tempesta nella stanza di analisi

Il paziente borderline quando consulta uno psicoterapeuta pone subito le sue condizioni: - tutto e subito, cioè stare meglio e risolvere immediatamente tutti i problemi che si hanno, altrimenti esplode la rabbia -.

Questa pretesa, irrealistica per lo psicoanalista ma non per il paziente, che ha un’organizzazione di personalità borderline, stride clamorosamente con le caratteristiche del trattamento psicoanalitico – tollerare la frustrazione, dare tempo ai conflitti di emergere in modo che l’Io sia pronto per affrontarli, avere come obiettivo la maturità e l’autonomia di sé, aspettare che un sogno sveli la strada da seguire per capire il proprio passato infantile -.

Allora lo psicoanalista come può aiutare i pazienti borderline?

Si deve condurre il paziente, che vive sempre al limite, drogato di impulsività e onnipotenza, con scatti di rabbia e sensazione di vuoto incolmabile, nella condizione di potere accedere alle caratteristiche positive di base sopraelencate per affrontare successivamente un’analisi. Cioè occorre un periodo intenso di psicoterapia orientata psicoanaliticamente per accedere in un secondo momento a un lavoro più profondamente psicoanalitico: il paziente cercherà in tutti i modi di boicottare già la prima fase per non giungere alla seconda.

All’analista viene richiesta una capacità di contenimento e di tenuta psichica particolarmente salda e coesa. Martina in seduta con il sottoscritto afferma: – Tanto mi taglio perché il vuoto vince sempre; mi piace distruggere e farmi distruggere, lei sta sulla sua bella poltrona ma non sa nulla della vita, io sono più furba di lei perché conosco la vita da strada e lei è un maschietto che ha fatto l’Università Cattolica e dietro all’angolo di Via De Amicis, dove mi riceve, si perde come un uccellino stempiato -.

Martina le ha provate tutte per farmi esplodere, per distruggermi e distruggere la possibilità terapeutica che mi aveva chiesto, e che io cercavo di portare avanti con passione e rigore. Questa paziente era cresciuta in questo clima tragico: le relazioni dei suoi genitori verso di lei diventavano all’improvviso impulsive e rabbiose, l’instabilità lavorativa del padre e l’instabilità emotiva della madre erano all’ordine del giorno, il pessimismo e il vuoto contraddistinguevano tutto l’abitus famigliare.

Martina mi aveva cercato perché in certi momenti della giornata sentiva vuoti inconsolabili e di conseguenza si tagliava, con una certa crudezza, attraverso una lametta la pelle come sensazione di liberazione, tutto ciò lo faceva impulsivamente, come se il pensiero andava in coma; la pazienta afferma: – Ho bisogno di tagliarmi, a volte in maniera acuta e tutto il resto svanisce, comprese le conseguenze... il pensiero si blocca e l’impulso a tagliarmi, a scarnificarmi mi prende, è irresistibile ... come un orgasmo ...-.

Questa paziente (25 anni) studia filosofia e per guadagnare dei soldi, vista l’instabilità della famiglia, lavora in un bar dove può continuamente soddisfare sia la sua voglia di superalcolici sia la sua voglia di avventure sessuali con baldi giovincelli in cerca di emozioni forti. Lei spesso mi sfida – la filosofia del vuoto e del buco inghiottirà anche lei e il suo amico Freud, non dica che non l’ho avvisata -. Martina ogni due sedute alla settimana mi trova nel suo spazio psicoanalitico, contengo il suo furore e appena posso cerco di renderla consapevole dei suoi fantasmi inconsci che la rendono una belva sanguinaria. Tutte le sedute sono dominate sia da sensazione di vuoto, da sentimenti di rabbia cronica, vissuti di abbandono e ricordi di abuso psicologico e forse non solo, sia di tentativi di riempimento e stordimento, ad esempio bere compulsivo e uso promiscuo della sessualità.

Nei casi come quelli di Martina la vita ha subito disilluso, la poesia dell’Amore come forma di cura, di ascolto e di attenzione è subito mancata, la durezza e violenza della vita ha invaso subito la fragile mente infantile, e l’ha imprigionata nei Mostri, come afferma la mia paziente. Queste psicoterapie, se si riescono a ingaggiare i pazienti ad aprire un discorso dentro di sé, sono delle imprese eroiche, in quanto bisogna rifondare la filosofia di vita esistenziale che domina la mente inconscia, caratterizzata da Mostri distruttivi e traumatici, originati dall’esperienza di vita con genitori, spesso personalità borderline mai curate.

Martina si tagliava, Matteo litigava furiosamente con tutti ed era il re delle scorciatoie e dell’immaturità, Lina si faceva picchiare dal marito che non soddisfatto doveva poi anche denigrarla, Elena andava con gli extracomunitari e correva sulle rotaie dei treni, Lucio passava la sua vita alla ricerca di feticci e di droga ... Violenza psicologica, fisica, sessuale caratterizza la mente borderline che si deve difendere dal baratro del vuoto e dell’anaffettività. Spesso il vuoto prende tutta la vita, non ci sono stimoli creativi e soddisfacenti, c’è solo la voglia di distruggersi e di distruggere l’Altro, non c’è Amore.

Borderline: il lavoro dello psicoanalista

Lo psicoanalista, spesso con una sua équipe (medico - psichiatra, SERT, infermiere, educatore) deve aiutare il paziente a iniziare a credere che un cambiamento di questi aspetti mortiferi sia possibile. Offre un ascolto e una presenza, volti a capire i dissidi dell’Anima, che questi pazienti non hanno mai avuto, per questo motivo all’inizio lo svalutano e lo attaccano, da una parte sono spaventati – meglio il vuoto che conosco – e da una parte lo invidiano – perché lui ha una vita più serena e realizzata rispetto a me? -.

Ma l’analista sa che dietro a tutto ciò c’è una disperazione, c’è l’impossibilità di essere se stessi perché profondamente feriti dalla vita e soprattutto dalle persone che, ipoteticamente, dovevano dare più amore, cioè i genitori. Lo schema onnipotente del paziente borderline è – il cattivo distrugge sempre il buono -, per cui non c’è speranza. Invertire lo schema, come ho già detto, è una impresa eroica, ma se paziente e analista riescono a neutralizzare, almeno parzialmente, la spinta distruttiva qualcosa può cambiare. La medicina dello psicoterapeuta è saper tollerare gli attacchi, fornire in maniera spontanea e autentica un‘affettività di base e riuscire a invitare il paziente alla comprensione profonda dei suoi démoni come mezzo insostituibile per sconfiggerli.

Lo psicoanalista, nonostante abbia studiato una vita, deve avere un‘arte per realizzare ciò, e il paziente deve avere qualcosa di specificatamente orgoglioso e dedito alla verità: se i due pesi specifici si incontrano si può restare sul ring, altrimenti la patologia borderline, peso massimo, li metterà ko. L’analista e paziente devono fare vincere il buono: affettività, senso del limite, amore per la verità rispetto alla propria storia personale passata e presente, eros integrato al volere bene, la possibilità di essere sereni e cercare un adattamento alla vita che renda più autonomi e più maturi. L’alleato più prezioso è la relazione tra l’analista e il paziente, insieme devono andare nel buio e nelle fiamme che dominano la mente inconscia dell’analizzando.

Per andare in quelle profondità così temute dell’analizzando lo psicoanalista deve avere conosciute le proprie, per curare l’inconscio dei pazienti bisogna essersi curato il proprio, la psicoanalisi non ammette bluff. Per questi motivi il training dell’analista dura anni ed è molto complesso, per questi motivi le analisi dei pazienti, con psicopatologia così gravi, non possono essere brevi e facili. Per avere un buon equilibrio bisogna accettare la realtà, quindi a volte bisogna accettare che la cura psicoanalitica sia lunga, ma gli obiettivi (terapeutici) ne valgono il rischio, almeno per chi vuole che la vita sia un’esperienza unica che vada vissuta con piacere e dignità.

Dr. Simone Maschietto - Psicologo psicoterapeuta Centro Clinico SPP Milano età adulta

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