Disturbo evitante di personalità

Cos’è il disturbo evitante di personalità?

Il disturbo evitante di personalità è caratterizzato da un quadro pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio negativo presente in un’ampia varietà di contesti di vita. Una persona evitante è fortemente inibita nelle situazioni interpersonali nuove e può essere riluttante ad assumere rischi personali o a ingaggiarsi in qualsiasi nuova attività che può rivelarsi imbarazzante. Ha una visione svalutata di sé: può sentirsi inetto socialmente, poco attraente o inferiore agli altri. Ha il costante timore di essere giudicato, criticato o rifiutato.

Tali paure influiscono anche nella sfera sentimentale e sessuale dove teme di essere umiliato e ridicolizzato. Di conseguenza è riluttante ad entrare in relazione con persone alle quali non è certo di piacere. Dal punto di vista lavorativo evita attività che implicano un significativo contatto interpersonale.

A differenza di altri disturbi di personalità, come il disturbo schizoide, la persona evitante desidera avere relazioni interpersonali strette ma ne è anche spaventato e quindi evita tali rapporti e le situazioni sociali perché teme l’umiliazione associata al fallimento e il dolore provocato dal rifiuto. Il desiderio di relazioni può non essere immediatamente evidente a causa del modo di presentarsi timido e schivo.

L’esperienza interna nel disturbo evitante: la vergogna

Nel paziente evitante la vergogna ricopre un ruolo centrale. È un’esperienza emotiva interiore attorno alla quale si struttura gran parte del funzionamento della personalità. Vi è una forte esigenza di essere amati e accettati dagli altri pur senza la serena grandiosità e il senso di diritto presente in un disturbo narcisistico di personalità.

Il timore delle situazioni interpersonali, la timidezza ed il conseguente evitamento e ritiro da tali situazioni sono difese nei confronti dell’imbarazzo, dell’umiliazione, del rifiuto o del fallimento. Il senso di vergogna è intimamente connesso all’espressione del Sé: ciò che le persone evitanti temono è ogni situazione in cui sono costretti a rivelare aspetti di sé che li potrebbero rendere vulnerabili.

Vi è una chiara differenza con il senso di colpa: mentre la colpa implica la paura di essere puniti per avere violato delle regole interne, la vergogna è strettamente legata ad una rigida valutazione del Sé come inadeguato e non corrispondente ad un elevato standard interno. Le situazioni sociali diventano quindi contesti nei quali i presunti difetti potrebbero essere esposti allo sguardo altrui: tale sguardo altrui è una proiezione di un severo sguardo interiore.

Una persona evitante può vergognarsi di molti aspetti del Sé: del proprio aspetto fisico, del proprio carattere, della posizione lavorativa, delle prestazioni sessuali, dei propri desideri e fantasie. Possono percepirsi come disordinati, disgustosi, esibizionisti, inadeguati mentalmente o fisicamente, deboli e incapaci di competere. Spesso prevale la necessità di ritiro ed evitamento e le relazioni sociali possono ridursi al minimo indispensabile.

Sviluppo del disturbo evitante di personalità

Nel corso dello sviluppo la vergogna compare in età molto precoci: è certamente evidente quando nel bambino compare l’angoscia dell’estraneo intorno all’ottavo mese di vita. L’angoscia dell’estraneo è una fase dello sviluppo normale caratterizzata da un attaccamento totale alla madre e da un conseguente rifiuto di qualsiasi altra persona. Si tratta di un momento cruciale nel quale il bambino riconosce una differenza tra sé e la figura del genitore. Tale reazione si risolve naturalmente nel corso dei mesi successivi.

Nel corso dello sviluppo successivo vi sono altri momenti significativi per poter capire il rapporto che la persona inizia a intrattenere con il mondo esterno: la vergogna non può quindi riduzionisticamente essere connessa ad un solo momento evolutivo della vita del bambino ma sembra invece derivare da molte e differenti esperienze evolutive in varie età. Ad esempio, può essere connessa ad incidenti relativi al controllo delle funzioni corporee (vescica e intestino) e alla interiorizzazione dei rimproveri dei genitori spesso associate al discontrollo di tali funzioni.

Alcune ricerche hanno evidenziato una predisposizione costituzionale a evitare le situazioni di stress e quindi la presenza di un fattore biologico comune nella maggior parte delle persone con disturbo evitante di personalità. Anche il tratto della timidezza sembra avere un’origine genetico-costituzionale. Tuttavia, tali tratti costituzionali necessitano di specifiche esperienze ambientali per svilupparsi in un disturbo evitante conclamato.

Come affrontare la vergogna: la psicoterapia

Come per ogni altra forma di ansia, il significato profondo del disagio vissuto da una persona evitante deve essere analizzato per comprenderne le origini nel singolo individuo. Ogni storia ha un percorso unico e sta nell’esplorazione di ogni singola vicenda che la persona può trovare un significato dei propri vissuti. Un trattamento psicoterapeutico può permettere di affrontare il vissuto centrale della vergogna e ripercorrerne le vicende evolutive.

La psicoterapia con una persona con un disturbo evitante dovrà prevedere un duplice aspetto: da una parte servirà un deciso incoraggiamento ad esporsi alle situazioni temute, d’altra parte tale incoraggiamento dovrà essere accompagnato da un riconoscimento empatico dell’imbarazzo e dell’umiliazione che derivano dal confrontarsi con queste situazioni.

La persona dovrà quindi sia esporsi volontariamente alla fatica di intraprendere relazioni sociali e interpersonali sia, proprio grazie ai vissuti che emergeranno da tali situazioni, esplorare con il terapeuta le cause che sottendono alla vergogna ed il loro nesso con esperienze evolutive del passato. Una posizione di ritiro al contrario non permetterebbe una spinta evolutiva ed un cambiamento, pur mantenendo la persona in una situazione di apparente sicurezza.

I vissuti di vergogna inoltre troveranno proprio nella relazione con il terapeuta un ambito possibile di esplorazione e cambiamento: proprio la psicoterapia, con la necessità di apertura su aspetti intimi del sé che richiede, potrà essere un luogo sicuro dove esplorare l’imbarazzo, il timore e la vergogna nei confronti del condividere tali aspetti con il terapeuta.

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Dott. Niccolò Lavelli - Centro Clinico SPP Milano dell'età adulta