Come superare un lutto

Come superare un lutto è un tema che richiede particolare riflessione per la sua complessità: il corpo è costantemente in contatto con la propria essenza mortale, ma allo stesso tempo la mente processa il costante rifiuto di accettare non solo la possibilità che questo accada ma anche che questo possa avvenire realmente.

Quindi, nella nostra mente il concetto di morte, di lutto, si sviluppa fin dalla nascita e più si diventa consapevoli, più la mente tende a rifuggire da questo pensiero. La morte rappresenta un avvenimento concreto e naturale della vita dell’essere umano e, poiché si tende a non parlarne, è difficile comprendere le molteplici emozioni che accompagnano il lutto.

In questo articolo approfondiremo le tematiche collegate al tempo interno per superare un lutto, come si possono superare i lutti, e quando questo può diventare patologico nella vita della persona che vive un lutto.

Quanto tempo ci vuole per elaborare un lutto?

Spesso ci si chiede quanto tempo serva per elaborare un lutto, ma la verità è che non c’è un tempo oggettivo per superare un lutto: l’unico tempo che si può ipotizzare è il tempo interno che è esclusivamente soggettivo.

Gli stimoli della società moderna ci spingono a pensare che ci sia un tempo giusto per superare la perdita di una persona cara, ma come sosteneva Freud nei suoi scritti, il lutto, a prescindere da quanto sia doloroso per la persona che lo sta vivendo, può risolversi naturalmente solo quando la persona avrà completamente rinunciato all’oggetto perduto e quindi la sua libido troverà nuovamente lo spazio libero per accettare nuovi oggetti altrettanto importanti e preziosi (S. Freud, “Caducità”, 1915).

Come si fa ad andare avanti dopo un lutto?

Il lutto è la reazione alla perdita di una persona amata o di un’astrazione che ne ha preso il posto. Comporta uno stato d’animo doloroso, la perdita d’interesse per il mondo esterno e della capacità di scegliere un nuovo oggetto d’amore, e anche l’avversione per ogni attività che non sia in relazione con l’oggetto d’amore perduto. Nel lutto è presente anche un distacco dai consueti interessi ma sottolinea che, dopo un ragionevole periodo di tempo, il lutto può essere superato (Freud, “Lutto e Melanconia”).

Risulta difficile pensare che questo intenso e acuto dolore, che inibisce e limita le nostre funzioni dell’Io, possa a un certo punto essere superato. Come sosteneva Freud, per poterlo superare, e riappropriarsi della vitalità del nostro Io, è necessario un lavoro psichico importante che lui denominerà “lavoro del lutto” dove l’affievolimento del dolore è la conseguenza di una elaborazione psichica, non semplice e che a volte può non essere così facile da raggiungere.

Quali sono le 5 fasi del lutto?

Come riportato prima, il tempo per elaborare un lutto è esclusivamente soggettivo e personale; è possibile però riconoscere delle fasi che la persona attraversa per superare un lutto. Le 5 fasi del lutto sono:

  • Rifiuto

Nel momento in cui entriamo in contatto con la notizia del lutto di una persona cara, a prescindere che questo momento possa essere stato prevedibile o no, la mente rifiuta di processare quella informazione sia a livello del pensiero che delle emozioni. Infatti, molto spesso, la reazione di rifiuto, di shock spinge la persona a negare di aver perso la persona amata. Il dolore viene percepito a livello emotivo e fisico: si osserva quindi un’assenza di reazione, che ha lo scopo di preservare il complesso funzionamento della macchina mente-corpo.

  • Rabbia

Superata la fase di rifiuto, la realtà inizia a fare da specchio su ciò che è successo, e si inizia ad entrare in contatto con le proprie emozioni: la rabbia è la prima a farsi sentire. Rabbia verso ciò che è successo come in un incidente, rabbia rivolta verso sé stessi per non aver potuto modificare l’epilogo di quell’evento, rabbia rivolta verso chi, se c’è un responsabile, e/o cosa, molto spesso in casi di malattie incurabili, può aver causato la perdita della persona cara. La fase della rabbia può essere considerata positiva perché provare questo sentimento, comporta, a un certo punto, il desiderio inconscio di volersene liberare e quindi si tenderà ad allontanare i pensieri che fanno provare quella rabbia.

  • Contrattazione

Allontanata la reazione di rabbia, la mente cercherà sempre il modo di tornare alla normalità per poter sopravvivere a quella perdita. Il dolore, quindi, inizia a coesistere nella vita della persona, fino ad arrivare a una contrattazione o patteggiamento. Questo patteggiamento permette alla persona di convivere con quella sofferenza, lasciando però spazio a nuove situazioni e relazioni su cui investire emotivamente.

  • Depressione

La contrattazione tra la perdita e la vita che riprende la sua stabilità, può però portare a momenti di intensa tristezza, che sappiamo essere l’emozione cardine della depressione. Prendere atto di ciò che si è perso, scatena ancora un dolore molto intenso, vivo e presente. fa ancora tanto male, è vivo, forte e presente. Le conseguenze sono percepite anche a livello fisico: è possibile che compaiano i classici sintomi del disturbo depressivo come mal di testa, dolori muscolari, irrequietezza e irritabilità. Questa fase, nonostante sia denominata con un termine patologico, in realtà è inserita nel normale processo di gestione del lutto.

  • Accettazione

Se la fase depressiva fa sentire il vuoto di quella perdita, la fase di accettazione arriva solo dopo aver accettato la contrattazione e aver vissuto la depressione collegata a quel lutto. Accettare il lutto significa ritrovare un pieno e vitale Eros per la vita, nonostante la morte della persona amata. Si può affermare che in questa fase, finale per rielaborare il lutto, le proporzioni tra Eros e Thanatos, che prima erano schiacciate da quest’ultima, si invertano a favore della prima.

Quanto dura la depressione da lutto?

Se la fase di depressione, sopra descritta, è considerata fisiologica e comprensibile subito dopo un lutto, dobbiamo considerare invece disfunzionale la depressione da lutto che descrive un persistente e costante vissuto depressivo successivo alla morte della persona cara. La diagnosi di “Disturbo da lutto complicato” prevede che la persona presenti alcuni sintomi (accettare la morte, torpore emotivo rispetto alla perdita, difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi, senso di colpa, desiderio di morte per ricongiungersi, difficoltà a perseguire dei propri interessi o relazioni sociali, riduzione della fiducia verso gli altri, confusione circa il proprio ruolo nella vita senza il deceduto) nell’arco di tutto l’anno successivo in maniera persistente e predominante ogni giorno dopo il lutto.

Freud, descrivendo le reazioni patologiche collegate al lutto, tra cui la risposta maniacale, riporta come nella risposta melanconica l’oggetto perduto diventi una presenza indimenticabile, un pensiero indelebile nella mente; il risultato è un’idealizzazione della persona perduta, un dolore cristallizzato dal quale non si riesce ad uscire, portando a fenomeni di depressione e alla perdita completa del senso della vita.

Cosa non dire a chi sta cercando di superare un lutto?

Molto spesso ci si sofferma a pensare alla cosa giusta da dire a una persona che soffre per un lutto e sicuramente un atteggiamento accogliente, empatico, di sostegno e di conforto può essere d’aiuto. Non altrettanto facile è, invece, capire cosa non dire a una persona che sta cercando di superare un lutto. Probabilmente ciò che può essere poco utile, e forse anche dannoso, per la persona che si vuole aiutare è tutto ciò che non promuove la condivisione della perdita subita: far finta di nulla, parlare di altro, cercare in tutti i modi di distrarre qualcuno da quel dolore, possono essere sorrette da false credenze che, ad esempio, parlare della persona morta riattivi stati emotivi dolorosi e che quindi sia meglio non farlo.

In realtà non è così: per Freud, infatti, bisogna imparare a restare nel dolore, dandosi il tempo di attraversarlo grazie al processo di “ricapitolazione”, ovvero del ricordo della persona e dei momenti trascorsi assieme, anche accettando il senso di dolore e di vuoto che il lutto porta con sé.

Quando il lutto diventa patologico?

Quando parliamo di lutto patologico, non possiamo non parlare della melanconia di S. Freud. In essa un umore intensamente depresso e un’intensa inibizione di ogni vivacità e attrattiva verso il mondo esterno, si associano a un forte disprezzo verso sé stessi, per cui la persona si riconosce completamente svuotata e indegna di vivere senza l’oggetto d’amore perduto, oltre a non poter godere della vicinanza e del conforto altrui in quanto responsabile e pertanto meritevole di una punizione per la scomparsa del suo oggetto d’amore.

Le proprie capacità e risorse vengono negate e rifiutate e il quadro patologico si conclude con il tentativo di non proseguire con la propria esistenza arrivando a non prendersi più cura di sè. In questo modo la perdita dell’oggetto si trasforma in perdita dell’io.

Certo con il tempo si può ottenere una sua spontanea attenuazione, che consente grazie alla (ri)scoperta delle proprie risorse di costruire una nuova vita in cui si snodano nuovi impegni e presenze; tuttavia, se dopo diversi mesi dalla perdita, la persona non è riuscita in nessun modo a prendere distanza da quelle emozioni e da quei vissuti sulla propria persona, un percorso di psicoterapia potrebbe rivelarsi la chiave di lettura giusta per rielaborare in maniera funzionale e sana, il lutto vissuto.

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Dr.ssa Valentina Carella - Centro Clinico SPP Milano età adulta