Psicologia sociale e psicoanalisi: studi ed esperimenti

La psicologia sociale si occupa di approfondire l’interazione tra le persone, le manifestazioni, le cause, le conseguenze e i processi psicologici coinvolti. Gordon Allport la definisce come l’indagine scientifica dei pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui e di come questi vengono influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata o implicita degli altri.

Negli Stati Uniti la psicologia sociale si afferma come disciplina con Norman Triplett e William McDougall nel XX secolo, mentre il primo studio può essere considerato La psicologia dei popoli di Wilhelm Wundt del 1900 e 1920.

L’aggettivo “sociale” fa da ponte tra la psicologia e la sociologia e anche se negli ultimi tempi le due discipline si sono specializzate in modo crescente e isolato le une dalle altre, durante gli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale è stata frequente la collaborazione tra psicologi e sociologi. L’approccio sociologico alla psicologia sociale rimane infatti un’importante controparte alla ricerca psicologica in questa area.

Il ruolo dell’altro e del gruppo è oggetto di interesse da sempre anche della psicoanalisi. Il primo ad occuparsene è stato proprio Freud con lo scritto Totem e Tabù (1912-1913) in cui affronta il tema della psicologia delle masse, ovvero la psicologia sociale, e studia i comportamenti che si realizzano nell’interazione con un gruppo rilevante di persone estranee. Secondo Freud nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico. Dunque, la psicologia individuale è al tempo stesso, fin dall’inizio, psicologia sociale. Mentre Freud ha studiato la relazione con le masse, Bion si è interessato maggiormente al piccolo gruppo, tanto da ritenere che l’individuo si trovi continuamente ad oscillare tra due poli: narcisismo e socialismo.

QUAL È L’OGGETTO DI STUDIO DELLA PSICOLOGIA SOCIALE?

La psicologia sociale studia gli effetti dei processi sociali e cognitivi, il modo in cui gli individui percepiscono gli altri, li influenzano e li pongono in relazione con essi. I processi sociali sono i modi in cui i pensieri, i sentimenti e le nostre azioni sono influenzati dagli altri, dai gruppi di appartenenza, dai rapporti personali, dagli insegnamenti trasmessi dai genitori o dalla società. I processi cognitivi, invece, sono i modi in cui i ricordi, le percezioni, i pensieri, le emozioni e le motivazioni guidano la nostra comprensione del mondo e le nostre azioni.

Siamo continuamente influenzati dagli altri, anche quando siamo soli. Nel prendere una decisione spesso ci chiediamo quali sarebbero le reazioni dei nostri familiari o dei nostri amici. Questo effetto prende il nome di gruppo nell’individuo, ovvero l’influenza del gruppo sul singolo anche quando il gruppo non è fisicamente presente.

Oltre ai processi sociali e cognitivi, la psicologia sociale indaga anche i bias o le distorsioni. Mentre osserviamo e interpretiamo la realtà è facile incorrere in distorsioni cognitive indotte dal pregiudizio. Nessuno è immune dalle distorsioni cognitive, tuttavia esserne consapevoli può aiutare.

Esistono diverse forme di bias cognitivi:

  • - il bias di conferma è la tendenza a preferire le sole prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti. A tutti piace essere d’accordo con le persone che sono d’accordo con noi e tutti cerchiamo di evitare persone o gruppi che ci fanno sentire a disagio. Skinner (1953) definisce questa tendenza come dissonanza cognitiva.
  • - Il bias di gruppo, simile al bias di conferma, ci porta a sopravvalutare le capacità e il valore del gruppo di appartenenza e induce a considerare i successi come il risultato delle qualità del gruppo stesso, mentre si ha la tendenza a valutare i successi di un altro gruppo per niente influenzabili dalle qualità dei componenti.
  • - La fallacia di Gambler è un’altra tipologia di bias, ovvero l’inclinazione a dare importanza a quello che è successo in passato e a ritenere che i risultati ottenuti siano influenzati da tali eventi.
  • - L’errore di somiglianza è un bias cognitivo che si manifesta con la propensione, soprattutto per chi ha una forte autostima, a sopravvalutare le persone che hanno delle caratteristiche analoghe alle proprie.
  • - L’errore di contrasto è il contrario del precedente. Una persona con un’autostima bassa tenderà a premiare delle persone che presentano delle caratteristiche in lui carenti o assenti.
  • - Il bias dello status quo è una distorsione valutativa che si mostra con la predisposizione a resistere al cambiamento e a mantenere le cose così come stanno.

GLI ESPERIMENTI IN PSICOLOGIA SOCIALE

Abbiamo detto che siamo continuamente influenzati dall’altro. L’interazione fa sì che pensieri, sentimenti e comportamenti diventino, con il passare del tempo, sempre più simili all’interno di un gruppo fino ad arrivare a costituire le cosiddette norme sociali. Le persone seguono le norme perché le ritengono giuste e perché sono valorizzate dagli altri componenti del gruppo. 

Ma cosa succede se le norme sociali vengono stabilite da una figura considerata un’autorità? I due esperimenti più importanti in questo ambito sono stati quelli condotti da Stanley Milgram (1961) e da Philip Zimbardo dieci anni più tardi (1971).

Milgram condusse l’esperimento reclutando 40 soggetti di sesso maschile, di diversa età e di diversi livelli socioprofessionali. Venne detto loro che lo scopo dello studio sarebbe stato quello di valutare il valore delle punizioni ai fini dell’apprendimento. Nel laboratorio erano presenti un complice e un soggetto completamente inconsapevole. Si assegnò al soggetto ingenuo, facendogli credere che fosse del tutto casuale, il ruolo dell’insegnante, mentre al complice il ruolo dell’allievo. Ad ogni errore l’insegnante avrebbe dovuto punire il soggetto usando scariche elettriche di intensità crescente, con la possibilità di arrivare fino a 450V. L’obiettivo di Milgram era quello di osservare fino a che punto avrebbe accettato di somministrare le scosse elettriche, anche di fronte a manifestazioni di dolore.

Lo sperimentatore incitava verbalmente l’insegnante, tanto da provocare nel soggetto uno stato di ansia, che però non gli impediva di opporsi all’autorità. I partecipanti, a seconda della tendenza ad accettare ed eseguire le norme sociali, venivano categorizzati come obbedienti o ribelli. In base ai risultati ottenuti la maggior parte dei partecipanti si sono rivelati essere obbedienti, disposti a somministrare potenti e pericolose scosse elettriche.

L’esperimento sociale condotto più tardi da Zimbardo, sull’adesione alle norme di gruppo, produsse risultati di eguale drammaticità. A metà dei partecipanti, per un totale di 24, fu assegnato il ruolo di guardia mentre all’altra metà quello di carcerato. Tutti i ragazzi furono inseriti in una prigione artificiale all’interno dell’Università di Stanford, seguendo le procedure adottate nelle prigioni del Texas sia per la costruzione dell’edificio, sia per le pratiche di arresto. Le guardie non ricevettero nessuno specifico addestramento, furono istruite a fare ciò che ritenevano fosse utile per far osservare le norme. I detenuti furono informati solo delle condizioni che li aspettavano. Dopo pochi giorni, le guardie diventarono sadiche e maltrattanti e i prigionieri mostrarono evidenti segnali di stress e depressione. Ciò portò all’interruzione dello studio dopo soli sei giorni, a fronte dei quindici previsti.

C’è da dire che, nonostante l’evidenza dimostrata in questi studi, esiste una minoranza in grado di distaccarsi dal pensiero di massa dominante, distinguendosi per l’empatia e per il senso critico. Riconoscere e gestire le distorsioni a cui siamo costantemente sottoposti è un passo importante e fondamentale, frutto di esperienze positive precoci, oppure di un percorso di conoscenza di sé e dei propri meccanismi interni. Il problema non è l’aggressività ma la consapevolezza che porta a scegliere se utilizzarla in modo costruttivo oppure distruttivo.

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Dr.ssa Annunziata Altieri - Centro Clinico SPP Milano età adulta