Cyberbullismo: come aiutare le vittime? Quando è reato?

Il Cyberbullismo, conosciuto anche come bullismo on-line, bullismo informatico o bullismo elettronico, è uno dei fenomeni più allarmanti che coinvolge le nuove generazioni. Il termine, coniato nei tempi moderni, si riferisce ad atti di vessazione, umiliazione e molestia effettuati tramite mezzi informatici.

IN CHE COSA CONSISTE IL CYBERBULLISMO?

Tale fenomeno informatico è caratterizzato dall’esercizio ripetuto nel tempo, da parte di un cyberbullo o da un gruppo, di azioni violente e/o intimidatorie su una o più persone, definite vittime. La tecnologia consente ai cyberbulli di infiltrarsi nella vita delle vittime attraverso l’invio di messaggi, immagini, video o tramite la condivisione di informazioni false su siti, blog e web.

La prevaricazione compiuta dal cyberbullo è una forma di vero e proprio bullismo, con il quale condivide aspetti che sono simili ma molto amplificati o totalmente differenti. Quali somiglianze con il bullismo?

  • - squilibrio di potere: la vittima non è in grado di difendersi trovandosi in uno stato di evidente debolezza rispetto alla superiorità di forza del cyberbullo;
  • - intenzionalità: l’azione, anche se indiretta e agita a distanza, è inequivocabilmente volta a danneggiare la vittima o procurarle sofferenza;
  • - sistematicità: gli attacchi informatici sono persistenti nel tempo ma dopo che un contenuto è stato caricato in rete, questo può rimanervi all’infinito (vedremo che sono state introdotte delle misure legali che ne permettono il blocco e la cancellazione);
  • - natura sociale: gli episodi di vessazione richiedono degli spettatori che, essendo testimoni degli eventi, permettano il mantenimento dello status quo all’interno del gruppo. Andando in rete però gli episodi di cyberbullismo sono meno circoscrivibili in quanto si estendono potenzialmente a tutto il mondo.

Quali sono invece le sue peculiarità?

  • - anonimato: può essere difficile per la vittima risalire al molestatore; tuttavia, l’anonimato è solo apparente in quanto ogni comunicazione elettronica è tracciata e dunque sarebbe più corretto parlare di difficile reperibilità;
  • - indebolimento remore etiche: l’illusoria protezione fornita dallo schermo e dall’anonimato di nickname o avatar fanno sì che i cyberbulli avvertano un maggior senso di libertà nell’insultare e minacciare. Inoltre, la distanza fisica consente di non vedere e dunque non empatizzare con la sofferenza della vittima;
  • - assenza di limiti spazio-temporali: mentre il bullismo avviene in momenti e luoghi circoscritti, il cyberbullismo colpisce la vittima ogni volta che si collega al mezzo utilizzato dal cyberbullo, ovunque si trovi.

Considerando dunque la molteplicità dei suoi aspetti, si può dire che il cyberbullismo è una forma mista di bullismo diretto verbale e indiretto. Infatti, le vessazioni perpetrate non consistono solo in espliciti attacchi mirati, come per esempio l’invio di SMS, e-mail o immagini, ma anche in attacchi indiretti che tramite la rete raggiungono un gruppo più allargato portando al danneggiamento delle relazioni scolastiche ed extrascolastiche, nei diversi contesti di vita.

QUALI SONO LE FORME DI CYBERBULLISMO?

Lo sviluppo tecnologico ha offerto ai ragazzi nuovi strumenti per agire la forza sotto diverse forme:

  • - cyberstalking: consiste nell’invio frequente di minacce allo scopo di generare paura per la propria incolumità fisica;
  • - denigration: la raccolta di materiale offensivo fino alla creazione di vere e proprie “hate-pages” che hanno lo scopo di danneggiare la reputazione della vittima o ridicolizzarla. Vengono coinvolti un numero indefinibile di spettatori che possono essere passivi, limitandosi a guardare, o attivi, scaricando il materiale e condividendolo a loro volta;
  • - esclusione: estromissione deliberata della persona da un gruppo on line al fine di ferirla;
  • - flaming: scambio di messaggi violenti e volgari all’interno di chat o di forum volti a suscitare battaglie verbali (flam wars). Non si osserva un’asimmetria di potere dato che i contendenti giocano ad armi pari;
  • - happy slapping o cyberbashing: letteralmente “schiaffeggiamento felice” che si riferisce al pubblicare video contenenti atti di bullismo, promuovendone la condivisione allargata;
  • - harassment: l’invio continuo di messaggi violenti e volgari diretti ad una vittima che è chiaramente in una condizione di debolezza. Nei casi più gravi porta a casi di cyberstalking;
  • - impersonation: il cyberbullo si impossessa dell’identità o dell’account della vittima ed invia messaggi o diffonde materiale personale allo scopo di diffamarla;
  • - inganno: il cyberbullo raggira la vittima fingendosi suo amico e la convince a condividere informazioni riservate su di sé o altri per poi diffonderle o usarle come minaccia. Si osserva una relazione di simmetria solo apparente in quanto il rapporto di amici è falso e strumentale;
  • - outing: detenzione di dati o immagini della vittima ottenuti precedentemente con il suo consenso e la successiva pubblicazione, questa volta senza la sua autorizzazione.

CHI SONO I CYBERBULLI?

L’uso di internet diventa problematico quando porta a sostituire la realtà con una realtà mediatica che permette di soddisfare i propri bisogni emotivo-relazionali attraverso esperienze virtuali. Questa sostituzione permette alla persona di aggirare le normali difficoltà identitarie e relazionali che nei diversi contesti di vita faticherebbe a superare. Il virtuale in questo caso protegge dal reale.

L’anonimato illusorio garantito dallo schermo e dall’utilizzo di nickname rende tutto più facile: per esempio si può dire tutto, anche quello che nella realtà non si avrebbe il coraggio di dire o fare. Inoltre, consente di assumere l’identità che più si desidera, o quella che nella realtà non si riesce ad ottenere; le caratteristiche del mondo mediatico facilitano i processi di identificazione per cui un’immagine che è solo virtuale, ben presto diventa un’immagine identitaria e da semplice ed anonimo utente ci si può sentire estremamente forti, potenti e senza limiti.

Diventa più facile instaurare relazioni, far parte di un gruppo e ottenere consenso e si può ottenere quella notorietà che magari nella vita reale non si riesce ad ottenere, o che si subisce quando è l’altro a raggiungerla. Nel mondo informatico il consenso può essere potenzialmente illimitato. L’iperconnessione soddisfa quel bisogno di rispecchiamento, di sentirsi visti, accettati e in contatto con gli altri, esorcizzando la paura opposta di essere invisibili ed esclusi. Contemporaneamente il mezzo informatico facilita anche meccanismi di proiezione per cui si attribuiscono all’altro le parti considerate più fragili, imbarazzanti e quindi temute di se stessi, cercando in questo modo di esorcizzarle e liberarsene.

Dunque, se tutto questo avviene in un soggetto che ha una scarsa gestione delle emozioni e fatica ad empatizzare con i vissuti altrui, se è un ragazzo che fatica ad accettare il mondo adulto governato da regole per cui la loro accettazione risulterebbe per lui castrante e ingiusta, l’illusorio senso di controllo onnipotente fornito dalla rete lo farà sentire libero e legittimato di fare tutto, portandolo ad assumere il ruolo di cyberbullo.

Dall’altra parte però è importante considerare anche che oggi la rete è ancora più strettamente legata al mondo reale proprio per la possibilità di essere costantemente connessi. È diventata parte integrante e costituente della quotidianità e dunque ne rappresenta spesso una sua estensione. I comportamenti messi in atto nella quotidianità della scuola o di altri luoghi di socializzazione vengono pubblicati, postati o riprodotti nel mondo virtuale. Per questo motivo è frequente assistere ad episodi di cyberbullismo connessi a pregressi o contemporanei episodi di bullismo. Infatti, la possibilità di ampliare e condividere con tutto il mondo virtuale gli episodi di bullismo, può portare il bullo a proseguire gli attacchi di prevaricazione anche nel virtuale diventando un cyberbullo.

In generale possiamo osservare che il cyberbullo sembra essere cresciuto in un contesto disattento ai suoi bisogni e vissuti, senza che ci sia stata la costituzione di relazioni affidabili con gli adulti caregiver. Questo gli ha impedito di trovare un contenimento affettivo e di rispecchiamento che lo riconoscesse stante le sue fragilità (che gli sarebbero apparse meno umilianti e cattive) e non gli ha permesso di sviluppare un’alfabetizzazione emotiva per tradurre in parole i propri vissuti, imparando a comprendere anche quelli altrui. L’incapacità di esprimere verbalmente un disagio interiore porta i bambini e adolescenti a trovare modi alternativi per gestire le emozioni: trattenerle, nasconderle e distaccarsene, oppure scaricarle sull’altro prevaricandolo.

COSA VIVONO LE VITTIME IN RETE?

Tutti gli adolescenti durante il loro sviluppo psicoemotivo e fisico sono alle prese con i compiti evolutivi fase specifici che temono di non superare. Il terrore di sentirsi inadeguati rispetto agli altri, al gruppo dei pari, rende più vulnerabili e suscettibili alle prese in giro. Queste, infatti, appaiono loro come lo svelamento, tanto temuto, di quegli aspetti vergognosi che fanno di tutto per nascondere.

Le vittime, dunque, sono portatrici di una diversità che anche il cyberbullo intimamente teme. Questa può essere la più varia: legata al fisico, alla timidezza o estroversione, origine culturale, intelligenza, utilizzo di un linguaggio particolare eccetera. Alla lunga quella rabbia che talvolta compare nelle prime reazioni di protesta della vittima si confonde con la rassegnazione; la persona si convince dell’immagine di inadeguatezza e diversità che le viene rimandata dagli altri, fino al punto di improntare la propria identità su un falso sé sentendosi effettivamente diversa, inferiore o incapace. I vissuti interni dolorosi possono portare la vittima a distanziarsi dalle emozioni, anestetizzandosi davanti agli attacchi del cyberbullismo.

Si osserva una certa alessitimia, ovvero incapacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Però nel contempo compare una vasta sintomatologia fisica, espressione manifesta di questi vissuti interni. Il saper chiedere aiuto è segno di possedere importanti strumenti di resilienza, così come è determinante l’avere instaurato relazioni di fiducia con adulti competenti e attenti.

Se però ciò non sussiste, la vittima continuerà a sperimentare sentimenti di solitudine, impossibilità a parlare e chiedere aiuto, con il rischio di sviluppare anche sintomatologia ansiosa, depressiva, disistima e apatia. Nei casi più gravi le vittime di cyberbullismo arrivano al desiderio di “scomparire” ritraendosi esse stesse dalla vita sociale, virtuale e reale, pensando che “non possono attaccarmi se non mi vedono”.

QUANDO IL CYBERBULLISMO È REATO?

Purtroppo, spesso la gravità di queste azioni online viene sottovalutata sia dagli adolescenti che dai genitori. I ragazzi tendono a descriverli come “pessimi scherzi” o tuttalpiù comportamenti sbagliati ma difficilmente riescono a giudicarli come dei veri e propri reati, civili o penali. Infatti, in tutte le sue forme, il cyberbullismo è un comportamento deviante e nei casi più gravi può considerarsi anche criminale, ovvero quando sono messe in atto condotte che violano il codice civile e/o penale.

Nel maggio 2017 è stata approvata all’unanimità la Legge n.71/2017 per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo. I principali punti della Legge n.71/2017 sono:

  • - fornisce per la prima volta una definizione giuridica di cyberbullismo;
  • - istituisce un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del fenomeno che avrà l’obiettivo di seguirne l’evoluzione e, in collaborazione con la polizia postale, di verificare i contenuti per la tutela dei minori;
  • - specifica i diversi ruoli e definisce linee di orientamento all’interno della scuola per le azioni di tutela e educazione;
  • - istituisce delle procedure per la segnalazione dei contenuti offensivi e l’istanza di oscuramento, rimozione o blocco di qualsiasi dato diffuso sulla vittima;
  • - estende al cyberbullismo la procedura di ammonimento già prevista nei casi di stalking;
  • - i servizi territoriali promuovono progetti per sostenere sia le vittime che i responsabili degli illeciti.

Dalla Legge n.71/2017 si intende che la vittima può valersi di una serie di misure attuabili nell’immediato a seconda della specificità del caso: da una prima forma di “contenimento” a scuola alla possibilità di rivolgersi direttamente al Questore. Gli atti commessi risponderanno al Codice civile in caso di ingiuria e/o al Codice penale in caso di diffamazione e minaccia con sanzioni monetarie e reclusione. Vi sono stati dei casi in cui gli episodi di cyberbullismo hanno portato alla morte della vittima e il cyberbullo ha dovuto rispondere di istigazione al suicidio e perfino omicidio preterintenzionale.

RICUCIRE LE PARTI DEL SÉ

Considerando infine la stretta connessione tra l’esperienza online e quella offline, risulta facile comprendere quanto sia indispensabile intervenire nel mondo reale per contrastare quello virtuale. Per risolvere un uso patologico della rete bisogna sostenere i processi di crescita dei ragazzi, accogliendo e sostenendo le loro fragilità ed aiutandoli ad accettare le parti di sé vissute come umilianti e mortificanti. Queste, infatti, sono considerate così cattive e “pericolose” che potrebbero annullare tutte le altre parti di sé positive; dunque vengono scisse (proiettate sull’altro o nascoste) portando ad uno stato di benessere e serenità solo superficiale.

Il lavoro svolto in psicoterapia sosterrà il ragazzo nel processo di comprensione e accettazione delle diverse parti del proprio Sé al fine di strutturare un’identità integrata. Questo renderà possibile l’abbandono del ruolo di vittima o cyberbullo con cui si erano identificati, lasciando spazio all’espansione del vero sé.

VADEMECUM PER I GENITORI

  1. Evitare la sottovalutazione del problema e la sua minimizzazione;
  2. Riconoscere quanto prima quello che sta accadendo permette di intervenire adeguatamente portando ad una risoluzione migliore e più rapida del problema;
  3. Non ritenere sufficienti solo gli interventi educativi scolastici: la dimensione gruppale scolastica è importante ma bisogna occuparsi anche di quella individuale;
  4. Oculatezza nell’uso disinvolto di eventuali psicofarmaci;
  5. Rivolgersi tempestivamente a professionisti o centri qualificati permette di ridurre le conseguenze a lungo termine.

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Dr.ssa Berenice Merlini- Centro Clinico SPP Milano età adulta