Come imparare a dire "no"?

Il “no” ha un ruolo importante fin dalla primissima infanzia. Il bambino arriva alla consapevolezza di sé e di conseguenza al “no” attraverso un processo graduale. Durante i primi mesi di vita, vive un rapporto simbiotico con la madre, caratterizzato da una mancanza di consapevolezza del proprio corpo e dei propri bisogni. Con la graduale acquisizione di una maggiore possibilità di movimento, inizia a sviluppare una propria immagine corporea che gli serve, in un primo momento, per allontanarsi e avvicinarsi alla madre riuscendo a gestire l’angoscia di separazione e, successivamente, per sopportare facilmente la sua lontananza. Durante questo processo evolutivo, il bambino comincia a rendersi conto del proprio essere, dei propri bisogni, di essere diverso dai propri genitori e manifesta tutto ciò attraverso l’opposizione e il “no”.

Perché non si riesce a dire di no?

Se si tratta di un processo naturale che parte dall’infanzia, com’è possibile che una semplice parola possa risultare, a volte, così difficile da pronunciare? Dire no ci pone in un primo momento in contrasto con l’altro, smuove una serie di emozioni che possono risultare difficili da gestire e tollerare e, di conseguenza, si arriva a credere che rispondere “sì” aiuti ad essere più tranquilli, sereni e meno egoisti.

Il più delle volte, la tendenza ad essere accondiscendenti cela la paura di non essere accettati o di essere lasciati dall’altro, pertanto si spera che assecondarlo impedisca questa possibilità. Così facendo, è molto facile perdere di vista se stessi, i propri bisogni e rischiare di confonderli con i bisogni dell’altro. Con il passare del tempo, si potrebbe arrivare a sentirsi arrabbiati e insoddisfatti e a ritenere l’altro responsabile di tali sentimenti.

Per dire di no bisognerebbe essere consapevoli dei propri bisogni, imparare a valorizzarli e rispettarli. Rispettare e dare valore a ciò che sentiamo e pensiamo, conferisce al semplice e complicato no un altro significato: gli altri possono riconoscerci per quello che siamo anche se ci mostriamo in disaccordo con loro. Dire di no, mette in luce i nostri bisogni e fa capire all’altro che siamo persone diverse con le proprie esigenze da tenere in considerazione e rispettare.

Come dire di no a un ragazzo o a una ragazza senza offendere?

Si parte dal presupposto che non è facile dire no, ma fondamentale per non perdere di vista se stessi, come si potrebbe dire un no senza necessariamente fantasticare di offendere o ferire l’altra persona?

A volte, dire un no ad una persona che si sta frequentando o al proprio partner fa scaturire la paura di essere lasciati o sostituti con altre persone. Stare con qualcuno non significa fare tutto quello che l’altro si aspetta, ma significa essere se stessi e sapersi rispettare, solo così è possibile capire se la persona che abbiamo di fronte fa al caso nostro, oppure ricerchiamo la sua presenza solo perché abbiamo paura di stare soli. Sebbene il nostro no potrebbe essere non gradito, non per questo è opportuno convincersi che non sia giusto.

Come rispondere a un no?

Se si impara a rispettare e valorizzare i propri no, si è più predisposti ad accogliere e tollerare di riceverne. Il no non è sinonimo di egoismo e poca empatia, ma permette di essere consapevoli della differenza tra sé e l’altro.

I no pronunciati dagli altri hanno lo stesso identico valore dei nostri. Si può imparare ad accogliere il no se si rispetta l’altro e se si arriva alla consapevolezza che si può essere allineati anche senza avere le stesse idee. Le altre persone non sono delle nostre estensioni e le differenze che le distinguono da noi possono diventare una fonte di ricchezza se impariamo ad apprezzarle.

Tornando al bambino e al processo di riconoscimento che in un primo momento è affidato alla madre, sicuramente per molti è più difficile e meno immediato riuscire a riconoscere e a valorizzare i propri bisogni e di conseguenza imparare a dire un no consapevole e costruttivo. Per chi dovesse rendersi conto che è un processo troppo difficile, la psicoterapia può aiutare a ritrovare quell’ambiente solido e sicuro, l’holding di cui parlava Winnicott, capace di rispecchiare e dare valore ai propri bisogni.

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Dr.ssa Annunziata Altieri - Centro Clinico SPP Milano dell'età adulta