Avere pazienza... come si coltiva la pazienza?

La pazienza è ciò che nell’uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni.

(Honoré de Balzac)

La mia maestra alle elementari aveva una sedia speciale in legno, semplice ma preziosa, antica e regale, era la poltrona della pazienza sulla quale si sedeva ogni volta che doveva riportare il silenzio in classe, quando la situazione diventava troppo caotica e rumorosa, si sedeva ed aspettava in silenzio. Oltre a lei anche agli alunni, quando troppo irrequieti, agitati, addolorati, veniva concesso, o richiesto di sedersi su quella poltrona per calmarsi e ritrovare un equilibrio. Era uno trono antico, una seduta speciale, quasi un po’ magica, racchiudeva molteplici significati e aspettative, la maestra ritrovava la pazienza ed anche i bambini…

Il termine pazienza deriva dal latino patientia = sopportare, soffrire, tollerare e dal greco pathein e pathos = provare dolore fisico e spirituale. È una disposizione d’animo, abituale o attuale, congenita al proprio carattere o effetto di volontà e di autocontrollo, ad accettare e sopportare con tranquillità, moderazione, rassegnazione, senza reagire violentemente, il dolore, il male, i disagi, le molestie altrui, le contrarietà della vita in genere.

Il paziente è colui che sopporta una situazione sfavorevole, un'avversità, una malattia rimandando la reazione immediata, attendendo con perseveranza e fiducia che la situazione diventi più chiara e possa essere trovata una soluzione. Non è rassegnazione, non è una sopportazione silenziosa o passività, ma è una modalità attraverso la quale poter accendere una luce su una determinata situazione e “vederci chiaro”, non solo imbevuti di Pathos (sofferenza, passione; base etimologica di patologia).

Cosa significa "avere pazienza"?

“Abbi pazienza con tutto ciò che è irrisolto, e cerca di amare le domande in sé”. (Rainer Maria Rilke, 1903)

“Abbi pazienza” è qualcosa che abbiamo detto e ci siamo sentiti dire diverse volte, in molti casi ci capita solo di pensarlo. È un’esclamazione volta a cercare di rallentare l’altro, mettere un freno a un comportamento irrequieto, stimolare un atteggiamento più calmo, mostrare che non si ottiene tutto subito… o almeno non sempre. Avere pazienza significa riuscire a tollerare uno stato di sospensione dall’azione, dalla risposta immediata, lasciarci attraversare dall’evento, comprenderlo a pieno e raggiungere lo scopo con una risposta consapevole e ponderata. Si intende stimolare nell’altro una capacità di attesa pacifica, senza insofferenza.

Viviamo in una società dove la capacità di tollerare la frustrazione, di non raggiungere i nostri obiettivi subito, di non poter ottenere cambiamenti immediati, è considerata, spesso, una perdita di tempo, una cosa pesante o sbagliata, dobbiamo rispondere subito e anche in modo adeguato. Questa fretta non tollera imperfezione costringe ad un’iperattività che non ammette inciampi nella risoluzione di un problema.

Bombardati da stimoli, da attività, opportunità, richieste, la dimensione dell’agire sembra essere quella maggiormente privilegiata e così rischiamo di “fare, fare, dire, dire” e poco pensare, ascoltare, elaborare, percepire. L'azione anche se mossa dalle migliori intenzioni, se non è accompagnata da una coscienza consapevole della complessità delle situazioni umane, è spesso destinata ad una debacle. Spesso le opere compiute che durano nel tempo, sono quelle per le quali c’è voluto tempo, riflessione, attesa, dubbio, errori, correzioni e consapevolezza.

Spesso anche quando una persona si approccia alla psicoterapia psicoanalitica per un disagio psichico, ha fretta di eliminare il sintomo che lo/la affligge, cerca tecniche e soluzioni rapide per alleviare la sofferenza, ma è compito dello psicoterapeuta, proprio nel rispetto del dolore provato, aiutare la persona a comprendere, ascoltare e capire cosa sta accadendo. Il sintomo può essere l’unico mezzo che l’individuo, inconsciamente, è riuscito ad utilizzare per esprimere qualcosa che non avrebbe voluto sapere, accettare, e di cui ha cercato di negare l’esistenza attraverso la rimozione. E quindi cercare di eliminarlo senza una comprensione profonda non aiuterà la persona ad una risoluzione, ma anzi rischia di spostare “il rimosso” in altre sintomatologie o disagi.

In questo senso la psicoterapia psicodinamica e psicoanalitica, soprattutto, ci insegna un nuovo modo di stare di fronte all’altro, dove il botta e risposta problema-soluzione, domanda-risposta viene intervallato da uno spazio cuscinetto dove l’analista accoglie la domanda del paziente, ne cerca di ascoltare le motivazioni profonde, il senso ed il significato delle richieste per evitare risposte superficiali che rischiano di essere divorate e non assaporate profondamente.

Anche il terapeuta deve saper stare in attesa senza dire né fare nulla finché non ha una comprensione quanto più chiara della situazione, di ciò che sta accadendo in seduta. Non si tratta di un’attesa carica di aspettative, né semplicemente passiva: è un’attesa ricettiva ai diversi livelli di comunicazione, verbali e non verbali, consci ed inconsci, del paziente e personali; su questi l’analista compie un lavoro psicologico inconscio, chiamato anche il lavoro del sogno della veglia, il quale dà segno di sé attraverso le sue rêverie e la sua intuizione della esperienza emotiva del momento.

Essere pazienti significa esserlo non solo con gli altri ma anche con noi stessi, con i nostri limiti.

Come si coltiva la pazienza?

Esistono moltissimi proverbi e modi di dire sulla pazienza: la pazienza è la virtù dei forti, hai una pazienza da certosino, la pazienza di Giobbe, Santa Pazienza… che fanno riferimento ad una virtù, una disposizione d’animo a cui appellarsi in determinate situazioni, ma questa disposizione non è innata, può essere allenata, coltivata con cura e dedizione. Possiamo iniziare a sperimentare la pazienza in momenti della nostra vita quotidiana: per esempio quando siamo in coda in posta, in macchina, di fronte ai treni in ritardo, o in altre situazioni in cui i nostri piani non vanno come dovrebbero…

Continuare a guardare l’orologio vedendo il tempo che passa o che non passa, controllare i numeri che mancano al nostro turno, guardare come gli altri guidano “male”, prendersela con le ferrovie ecc., aumenta il nostro stato di agitazione e il nostro stress. È importante cercare di limitare quanto possibile questi comportamenti. Cercare di stare nel momento presente, in quello che si sta vivendo, non correre con la mente al futuro, alle cose che dovremmo -avremmo potuto fare. Osserva le cose intorno a te, cerca di cogliere i dettagli, sfrutta quel tempo come un’opportunità per scoprire ed osservare qualcosa di nuovo del mondo circostante e di te stesso.

Se di fronte ad una scelta, a qualcosa da fare non ti senti sicuro, bene, è quello il momento in cui sospendere, sostare, concedersi del tempo per non agire, aspettare e fare le giuste valutazioni. Contrasta quell’istanza giudicante che ti richiede di essere sempre performante subito, si può essere molto più efficaci con scelte e decisioni pensate.

Ci sono poi le situazioni relazionali dove molto spesso sentiamo di perdere la pazienza, dove non si riesce più a gestire con calma e razionalità il momento o il conflitto. Può capitare di lasciarsi andare a risposte impulsive e poco pensate e anche violente, ma quando i toni si alzano prendere le distanze dal momento e provare a chiedersi cosa sta accadendo, cosa stiamo provando, ci potrebbe aiutare a ritrovare la lucidità per gestire la situazione.

Immagina la pazienza come un piccolo seme che ha bisogno di essere messo nel terreno, innaffiato e pian piano, con i suoi tempi, potrà germogliare, e continuare a crescere se continuerai a prendertene cura.

Quando la pazienza ha un limite?

La pazienza però ha anche un limite, perché essere pazienti non significa sopportare tutto, essere passivi, rassegnati. È la capacità di prendere decisioni con lucidità, di capire fino a quando possiamo affrontare una determinata situazione senza cadere nella trappola del tollerare ogni cosa perché siamo o dobbiamo essere pazienti. Accettare i nostri limiti, prendere atto dei nostri confini, definire cosa va bene per noi e cosa no, è fondamentale per scegliere cosa non sopportare o cosa tollerare e, quindi, fare scelte consapevoli. Essere pazienti non significa incassare tutti i colpi, ma riuscire con lucidità a tenere in mente i propri obiettivi, i propri diritti, la propria persona.

Ascoltare cosa proviamo e come ci sentiamo in determinate situazioni ci aiuta a capire. Se stiamo provando del malessere, del disagio, della sofferenza significa che quella situazione ci sta facendo male e forse la pazienza, si è trasformata in rassegnazione o passività e quindi è importante prendere le distanze e, se non si riesce, chiedere aiuto. Non sempre riusciamo e possiamo affrontare le cose da soli, è fondamentale, con pazienza, riconoscerlo ed accettarlo.

Se però il limite della nostra pazienza è molto labile, scattiamo frequentemente, abbiamo reazioni aggressive frequenti, perdiamo lucidità di fronte alle situazioni in cui ci sentiamo frustrati allora anche in questo caso è importante chiedere il supporto di un professionista, che possa aiutarci a riconoscere ciò che sta accadendo e aiutarci a ritrovare o trovare la calma nell’affrontare situazioni difficili e stressanti.

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Dr.ssa Rachele Piperno - Centro Clinico SPP età adulta Milano