Come prendere appuntamento dallo psicologo

Prendere un primo appuntamento da uno psicologo è un processo lungo e articolato, spesso sottoposto a costanti ripensamenti. Non per tutti è così: ci sono persone che vivono questa scelta con serenità e fermezza. Prendono il loro telefono, compongono il numero e fissano un appuntamento. Sicuramente, anche chi lo fa con serenità, sarà arrivato a tale decisione dopo una accurata riflessione che, priva di paure e pregiudizi, lo ha condotto a fare quella chiamata.

Per molti altri pazienti, forse la maggior parte, il processo decisionale non è invece così semplice e lineare. Infatti, è diffuso il pensiero secondo cui rivolgersi a uno psicologo significhi essere “malato” o “matto”. Come la figura del medico, che a volte aiuta a curare, ma a volte aiuta anche a prevenire, così quello dello psicologo a volte cura il disagio, a volte lo previene.

La vita di tutti i giorni ci mette davanti a degli ostacoli che ci sembrano insormontabili e che possono diventare risolvibili se solo la persona riesce a sfruttare appieno le sue risorse interne. Conoscersi meglio, grazie all’ausilio di un professionista, aiuta a migliorare la qualità della vita e a credere di più in sé stessi. Se molto spesso è difficile capire di aver bisogno di un aiuto, lo è ancora di più capire come farlo. Andare dallo psicologo, dallo psicoterapeuta, quindi non vuol dire essere “matti”, o “diversi”, ma essere responsabili, prendersi cura della propria salute.

Come si svolge il primo contatto con lo psicologo?

Solitamente il primo contatto tra psicologo e paziente avviene telefonicamente: il numero dello psicologo può essere trovato su Internet o ci può essere stato consigliato da un amico / parente o in alcuni casi anche da un altro psicologo che, non avendo orari liberi, ha fatto l’invio a un collega. In alcuni casi, lo psicologo viene contattato anche tramite e-mail, lasciando così la sensazione al paziente di sentirsi più libero di chiedere alcune informazioni.

In entrambi i casi, sia per telefono che via mail, è possibile fare le proprie domande in tranquillità, senza preoccuparsi di ciò che lo psicologo penserà: lo psicologo è lì per ascoltare, accogliere e comprende quanto possa essere stato faticoso fare quella chiamata! Durante il primo contatto, lo psicologo cercherà di raccogliere alcune informazioni tra cui l’inviante, il problema per cui la persona lo contatta e la disponibilità per fissare il primo colloquio. In questa primissima fase, in cui però lo psicologo è già sintonizzato con il paziente, non è importante raccogliere tutte le informazioni ma avere un “quadro / fotografia” del problema. Successivamente, ma senza un ordine prestabilito, lo psicologo potrà fornire autonomamente, o dietro richiesta del paziente, informazioni utili quali posizione dello studio, tariffario, ecc..

È ovviamente legittimo fare altre domande come per esempio quanto possa durare il percorso, come funzioni, ecc... ogni paziente ha delle curiosità o paure che sono comprensibili soprattutto per chi non si sia mai rivolto a un professionista del settore psicologico. È fondamentale che il paziente si senta libero di fare domande per sentirsi a suo agio, ma il primo contatto non può sostituire un primo colloquio: sarà compito dello psicologo rispondere alle domande del paziente, demandando i temi più complessi al primo contatto di persona.

Chi va dallo psicologo è sano o malato?

La realtà dei fatti ci dice che una persona che si rivolge a uno psicologo ha una capacità di analisi della propria situazione migliore di chi ritiene di non averne bisogno, pur attraversando un periodo di crisi. Chi si orienta verso la richiesta di un sostegno psicologico, infatti, dà prova della consapevolezza della propria difficoltà, e di voler tentare di risolverla, scegliendo uno strumento adatto a tale scopo. Inoltre, chi indirizza la propria attenzione verso una scelta di questo tipo, dimostra di comprendere che questa decisione può in alcuni casi, anche prevenire l’aggravarsi del proprio disagio.

Quando occorre interpellare uno psicologo?

Rivolgersi a uno psicologo implica, già durante la prima chiamata, esprimere il proprio malessere e/o disagio riportando degli esempi della vita quotidiana in cui si sente di non riuscire più a fronteggiare. Molto spesso la persona che contatta lo psicologo riferisce di avere problemi legati a:

• disagio psicologico o di disturbi fisici legati a stati mentali (ansia, paure o fobie)
• prendere scelte che fanno sentire disorientati o confusi come per esempio scelte lavorative (o scolastiche), relazionali e genitoriali
• gestione dello stress legato alle molteplici richieste, compiti e ruoli della vita quotidiana, sia in ambito lavorativo sia personale
• problemi di coppia e/o familiari (crisi coniugale, probabile divorzio, gestione dei figli)
• particolari momenti della vita o in situazioni di crisi e di sofferenza protratta (ansia, depressione, abuso, ecc.)
• rielaborazione di esperienze traumatiche (lutti, malattie croniche, incidenti, catastrofi naturali, ecc.).

E’ chiaro che tutte queste siano situazioni che possono rientrare nella vita e nella routine di tutti noi. Lo psicologo clinico e lo psicoterapeuta intervengono quindi in tutte le situazioni in cui le condizioni personali e le relazioni con gli altri possono costituire fonte di disagio e di difficoltà nei diversi ambienti sociali. Attraverso il dialogo, l’ascolto, l’espressione dei desideri e delle fantasie, l’analisi delle emozioni e dei conflitti, leggendo le manifestazioni simboliche, lo psicologo e il paziente, insieme, mirano allo sblocco di situazioni di impasse e al raggiungimento di un nuovo equilibrio e di una migliore qualità della vita.

Lo psicologo promuove una gestione dell’esistenza il più possibile libera dal disagio e dalla sofferenza, in armonia con le risorse personali e sociali di ciascuno, supportando quelle fasi della vita in cui le relazioni con sé e con gli altri diventano critiche e difficoltose.

Perché ho paura di contattare lo psicologo?

Nonostante la motivazione e la consapevolezza disagio siano alla base di un percorso psicologico, alcune persone sentono ugualmente la “fatica” dentro di sé che gli impedisce di fare il passo successivo e fissare il primo appuntamento. Questo meccanismo, a volte, impedisce che la persona faccia quella chiamata nel momento di iniziale malessere, facondo sì che quel disagio si cronicizzi e, dopo vari mesi (a volte anni), diventi insopportabile.

Queste resistenze / difese, a volte anche inconsce, del paziente si sposano con i falsi miti che sono spesso associati allo psicologo o alla psicoterapia. Vediamo alcuni esempi:

“Io so quali sono i miei problemi, ma nessuno può risolverli!”
Credere che non ci sia più speranza, spesso nasconde in realtà una paura di cambiare o di sentirsi nuovamente deluso. Solo affrontando queste paure, potrà essere possibile un cambiamento; lasciar passare il momento e aspettare che passi è un comportamento che è già stato messo in atto tante volte e che non ha funzionato anzi ha portato a vedere quei problemi come ancora più grandi. Oltre a ciò va sottolineato come il fatto di sapere razionalmente cosa ci fa stare male, non corrisponde assolutamente a una comprensione profonda, la quale implica non solo un sapere con la ragione, ma anche un sentire a livello emotivo. Solo il raggiungimento di questo livello profondo di consapevolezza può generare un cambiamento e quindi l’eventuale soluzione del sintomo o l’estinzione di un malessere. (“L’interpretazione dei sogni” Freud, 1900)

“La psicoterapia costa troppo e non si sa quanto dura”
Ogni professionista ha un suo tariffario ma fortunatamente molti professionisti vengono incontro alle possibilità economiche del paziente; la psicoterapia è vero “non si sa quanto può durare” perché un professionista non può prevedere i tempi interni del paziente e sapere dal primo appuntamento quanto dovrà lottare con le sue resistenze. La psicoterapia finirà quando il paziente non avrà più bisogno di quello spazio fisico dove parlare di sé, perché quello “spazio” sarà dentro di sé.

“Ho gli attacchi di panico, perché parlare dei miei genitori e della mia infanzia?”
Alcuni argomenti possono essere più difficili da trattare, tra cui spesso il rapporto con i genitori e la propria infanzia. Lo psicologo, capace di sintonizzarsi con il tempo “interno” del paziente, saprà aspettare e cogliere se dietro quella difficoltà ci siano aspetti irrisolti dell’infanzia.

“Che cosa penserà lo psicologo di me? Dirà che sono pazzo!”
Questa paura nasconde l'ansia di essere giudicati. Lo psicologo è un professionista che non emette giudizi sull'altro ma che è pronto a sintonizzarsi con la sofferenza del paziente per comprendere ciò che sta provando e aiutarlo. Uno dei compiti dello psicologo è riuscire ad accogliere l'altro e comprendere la sua sofferenza, senza rimproverare o giudicare.

“Non ho bisogno di uno psicologo, posso farcela da solo!”
Ci sono persone che soffrono molto quando devono chiedere aiuto e/o quando non riescono a superare le difficoltà da soli; lo psicologo dovrà aiutare il paziente a prendere consapevolezza di questa difficoltà e a elaborarla in un modo più sano e funzionale. Inoltre la nostra psiche nasce e si sviluppa non come qualcosa di isolato e a se stante, ma come parte di un sistema di relazioni, a partire dalla prima fondamentale interazione mamma-bambino, la quale mette le basi per tutte le relazioni future e quindi determina il funzionamento della nostra mente. (“Teoria delle relazioni oggettuali”, M. Klein).

Quindi, l’Altro (lo psicologo) ha un ruolo essenziale per il superamento dell’impasse, e non come credono in molti, “perché ci mettono delle idee in testa diverse dalle nostre” o perché “ci dicono cosa fare”, ma perché instaurano una relazione profonda e molto particolare, ricreando per certi versi le relazioni precoci che si sperimentano nella prima infanzia, creando un terreno ottimale per sviluppare il nostro apparato mentale.

“Praticare la psicoterapia non significa fare qualcosa al soggetto, né convincerlo a fare qualcosa per sé; si tratta, invece, di liberarlo perché possa crescere e svilupparsi in modo normale, e rimuovere gli ostacoli in modo che possa andare avanti.” (Carl Rogers)

D.ssa Valentina Carella - Psicologa psicoterapeuta Centro Clinico SPP Milano età adulta

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