Sintomo in psicologia: cos'è, cosa dice e come si ascolta

La Parola è uno dei sintomi dell’affetto e il Silenzio l’altro.
La comunicazione perfetta nessuno può udirla.
Esiste e la sua conferma si ha dentro.
(Emily Dickinson)

Si dice che la via d'accesso alla psicoanalisi e alla psicoterapia sia il sintomo. Cioè il sintomo è ciò che muove - pur non essendo il motore, come vedremo in seguito - una persona a chiedere aiuto. Il termine psicoterapia è trasparente: essa è una terapia e, come tale, richiede dei sintomi su cui operare.

Forse un tempo la psicoanalisi si confrontava con richieste di respiro maggiore: un puro desiderio di conoscenza del proprio esistere, del proprio posto nel mondo, di vivere finalmente nella propria verità in modo autentico; ora è assai difficile incontrare una domanda d'analisi di questa portata: ampia, eroica, poetica.

A far chiedere un consulto, oggigiorno, è l'emergere di un sintomo, la fatica di una sofferenza, il fastidio di un problema; ma - questo è fondamentale - dietro al dolore, oltre la comprensibile richiesta di ridurlo e in fretta, devono esserci ancora quell'eroismo di vivere la verità, quella poesia di voler capire i perché del sintomo.

COSA VUOL DIRE SINTOMO?

Un primo passo analitico è riflettere su cosa sia un sintomo. Già l'etimologia è preziosa: il termine 'sintomo' è un derivato dal greco συμπιπτω, sympipto, e indica un'evenienza che accade con qualcos'altro. Il sintomo è, quindi, una sorta di maschera che nasconde e rivela insieme; che c'è al posto di altro. Ci dice che qualcosa non va, ma spesso confonde, perchè si giunge a credere che, quel che non va, sia proprio il sintomo. Si agisce come quando si sente puzza di gas: si apre la finestra per farla uscire, ma la mossa necessaria sarà riparare la perdita.

I sintomi sono degli indizi, proprio come nei romanzi "gialli": sono perlopiù sgradevoli, ma aiutano a risolvere l'enigma. Per questo la terapia farmacologica, pur riconoscendone l'utilità, non deve essere considerata la cura del problema: le medicine sono sintomatiche, cioè mirano a silenziare i sintomi (un po' come aprire le finestre per far uscire il pessimo odore di gas), ma la causa resta, sopita finché il farmaco è assunto o, come spesso accade, cercherà altre vie per esprimersi, altri canali sintomatici.

Il sintomo è stato definito come una metafora, per la sua capacità di stare per qualcos'altro; oppure lo si può intendere come un elemento linguistico, in cui la parola, o significante, rimanda a un concetto, il significato. E' la psicoanalisi ad aver colto la natura "parlante" dei sintomi, il loro compito di messaggeri; ad averli guardati come dotati di senso e non solo latori di fastidi e sofferenze; e ad avergli attribuito un ruolo ermeneutico, quali espressioni dell'inconscio.

Ovviamente il sintomo non è l'unica declinazione inconscia che si presta all'interpretazione: ci sono anche i lapsus, gli atti mancati, i motti di spirito e i sogni che, insieme ai sintomi, formano la struttura linguistica dell'inconscio. Ma il sintomo tende a ripetersi più delle altre forme, a ripresentarsi con modalità pervasive, ingerenti, prepotenti tanto da assumere qualità sgradevoli e sofferte. Anzi, si può dire che le altre forme restano tali solo se mantengono la loro natura estemporanea e circostanziata: se dovessero diventare ricorrenti e diffusi, assumerebbero un carattere quantomeno fastidioso e potrebbero a buon diritto passare nella categoria dei sintomi.

Freud fu il primo a individuare l'origine del sintomo nel processo di rimozione: una pulsione cerca soddisfacimento totale e indiscriminato, mentre le difese dell'Io si oppongono a quel desiderio considerato inaccettabile o in contrasto con altre esigenze psichiche o di civiltà. Ne scaturiscono forme di compromesso più o meno raffinate, tra i quali i sintomi, che sono un ritorno, in chiave deformata, di quanto era stato rimosso. Di questi atti diplomatici se ne compiono ogni giorno, ma solo alcuni di essi giungono a intaccare la sfera personale o l'ambito lavorativo e sociale, diventando quindi motivo di sofferenza: sintomi, appunto.

La psicoanalisi ha individuato anche un'altra caratteristica del sintomo: esso è intrecciato con la storia personale del paziente, c'è un'influenza reciproca. L'esperienza dell'individuo concorre a dare una forma specifica al sintomo, mentre il sintomo può avere effetti sulla personalità di chi lo accusa. Questa intima connessione porta pure ad altri fenomeni: persone diverse con la stessa diagnosi possono presentare sintomi differenti; e sintomi simili in vari individui possono far risalire a diagnosi diverse.

SINTOMO: PROSPETTIVA MEDICA E PSICOANALITICA

Per questo è opportuna una cura dal sapore sartoriale, "tagliata" sulla persona, come la psicoanalisi o la psicoterapia psicoanalitica. Questo punto dà occasione di guardare al sintomo da due prospettive diverse: quella medica e quella psicoanalitica:

  • - dal punto di vista medico, il sintomo è un indice, ossia un segno determinato da una condizione particolare, cioè rimanda a una patologia che sarebbe in atto; per lo sguardo medico, più i sintomi sono specifici e univoci, meglio consentono di produrre una diagnosi, cioè di determinare una volta per tutte la patologia di cui sono indici. Il sintomo medico è considerato espressione di un corpo ammorbato, ma un'espressione che "parla" solo al medico, mentre non "parla" al malato e del malato. La guarigione è la condizione in cui il sintomo ha smesso di presentarsi.
  • - dal punto di vista psicoanalitico, il sintomo è un segnale, poiché entra a far parte di un linguaggio, di un sistema di senso e comunicazione. Parla al curante, ma parla anche al paziente e del paziente; informa della sua sofferenza, ma anche del suo posto nel mondo, delle relazioni tra come l'individuo rappresenta se stesso, il proprio corpo, gli altri. Al sintomo psicoanalitico viene data libertà di spiegare senza risolvere, di rimandare a una diagnosi senza escluderne altre, di essere patologico e al tempo stesso risorsa. Per questo, la guarigione coincide con la condizione per cui il paziente può fare a meno del sintomo, grazie allo sviluppo di una nuova consapevolezza e di nuove risorse. La guarigione dal sintomo psicoanalitico implica un nuovo atteggiamento in colui che ne soffre, la cognizione di essere attore, e non solo scenario, del suo sintomo: di essere paziente, ma non passivo.

COSA VUOLE COMUNICARE IL SINTOMO?

Abbiamo visto che il sintomo è un elemento comunicativo, è un significante. Ma cosa vuole comunicare, qual è il suo significato? E come è possibile decifrarne il messaggio? E' necessario un lavoro di traduzione e di interpretazione che ha alcune caratteristiche:

  • - innanzittuto il sintomo va accolto, gli va dedicato un ascolto profondo, calmo, rispettoso. E' un passo in antitesi all'approccio generale della vita contemporanea, di corsa, senza soste, senza tollerare le attese. Tutto deve scorrere in fretta, il sintomo dev'essere presto reso silenzioso per poter riprendere il ritmo vorticoso delle attività. Ma se nel sintomo è racchiuso ciò che l'individuo non riesce ancora a dire, è solo creando tempo che il messaggio potrà emergere. Se il sintomo scaturisce da qualcosa che è stato rimosso, non è restando in superficie che se ne risolve l'origine.
  • - Poi il sintomo va incluso in una cornice semantica, in un sistema di significato che va oltre il sintomo stesso, anche oltre il pattern di sintomi che costruiscono la diagnosi. Il sintomo va inserito nella storia personale del paziente: nelle nebbie del passato, nelle volute del presente, nelle proiezioni del futuro.
  • - Quindi, colti i vari elementi del linguaggio di una vita, bisogna svolgerne il discorso per cogliere tutto il messaggio che esso condensa in sé, per intravedere le motivazioni che hanno fatto emergere un sintomo, le funzioni che la sua presenza assolve nella vita dell'individuo, e pure i vantaggi che un sintomo apporta: si tratta di guadagni inconsci, di tornaconto secondari, ma contribuiscono a spiegare perché un paziente ha bisogno proprio di quel sintomo e concorrono a farlo persistere.

Fare una terapia psicoanalitica significa fare esperienza di questa interpretazione: darsi del tempo per poter dare parola a ciò che ancora non si riesce a pronunciare; inserire fenomeni dal sapore assurdo come i sintomi in una struttura di senso; passare da una sofferente passività a una coraggiosa ricerca dell'autentico.

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Dr. Emanuele Visocchi - Centro Clinico SPP Milano età adulta